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Ripartire.

 

L'amica pellegrina Barbara ha recentemente postato una riflessione su un social network, in cui si dichiarava pronta a ripartire, quando un appartente al gruppo ha parlato di francigena e di preghiera e di ritro e di ritrovo di sé stessi.

L'argomento è tanto interessante da meritare alcune considerazioni che nel corso della redazione di questi miei pensieri prima e dopo il Camino ho inserito in questa specie di diario spirituale e istruzioni per l'uso.

Il Camino di Santiago è un percorso della cristianità (occorre darne atto), quindi un riferimento religioso importante per chi ha deciso di abbracciare e professare la fede di Santa Romana Chiesa. È facile, quindi che lo spirito che ha spinto molti pellegrini sia quello di assolvere un impegno nel nome della propria fede.

Ma il Camino di Santiago è frequentato anche da non cattolici, addirittura anche da non cristiani. Eppure posso affermare con un buon grado di sicurezza, che anche per loro il Camino non è un'impresa atletica, o una gita di trekking avanzato, i moti dello spirito sono evidentemente sentiti anche da chi non è soldato di Gesù Cristo.

Ritengo incontestabile affermare che la spiritualità che accompagna il percorso verso la tomba dell'apostolo Giacomo, sia palpabile a chiunque si avvicini a questa impresa e che questo possa riguardare e coinvolgere profondamente anche lo spirito delle persone non credenti, agnostiche, o che professano altre fedi.

Altro argomento posto sul piatto, è il raccoglimento, la preghiera e questo sempre più reiterato bisogno di ritrovarsi. Chi crede di trovare risposte nel Camino rischia di tornare deluso. Paradossalmente, lo sforzo dell'impresa, la necessità a dare priorità ai bisogni fondamentali dell'individuo, prendono il sopravvento su qualsiasi cosa. Chiunque affermasse il contrario mente sapendo di mentire. 

Il Camino non eroga risposte, soluzioni, tutt'al più aiuta a porsi domande a cui ciascuno di noi, nel proprio intimo dovrà poi dare risposte. Sono partito senza la certezza di una fede, sono tornato senza la certezza di una fede, ma ritengo di essere un essere umano migliore di quello che era partito, perchè mi sono più chiari alcuni aspetti basilari della vita, dell'essenza profonda della vita, che prima consideravo come cose di poco conto, quali il respirare, il mangiare, il bere, il dormire, il curarsi, il parlare e perchè no, anche il pregare.

La preghiera può accompagnare il passo e confortare o lenire la fatica del credente, ma non è la componente primaria, quella è affidata allo spirito profondo dell'uomo che affronta un'impresa che per l'essere umano contemporaneo è assai più ardua, nonostante le comodità e le facilitazioni che gli antichi pellegrini potevano solo sognarsi. La vita e l'evoluzione hanno segnato passi che hanno allentato la dura scorza che caratterizzava, invece, i pellegrini del medioevo, ma anche solo di due secoli fa.

Lo spirito viene messo a dura prova e si fortifica e di questo il pellegrino deve essere consapevole, ancor di più ne deve essere consapevole il pellegrino cattolico, tenendo conto che i suoi compagni di viaggio che professano fedi e/o convincimenti diversi non sono nel torto, ma più semplicemente hanno un approccio più primitivo a quella che è una delle più grandi e belle imprese di arricchimento spirituale che il mondo di oggi offra.

 

16 agosto 2013

 

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