
Il Cammino di Santiago
da laico

Che sia il momento della resa?
Dal Diario del Viandante
Leon 8 junio 2013
I dolori per arrivare a Mansilla de las Mulas sono stati terribili. Neppure il potente antinfiammatorio ha potuto farci qualcosa. Arrivo verso le 14.00, non è prestissimo, considerato che la tappa era breve, peral
tro bagnata da uno splendido temporale.
Il paesaggio è sempre lo stesso: deprimente. Un lungo viottolo senza fine, che costeggia la carrettera, la cui maggiore attrattiva sono le poche automobili che la percorrono.
Nell'albergue municipal di Mansilla ritrovo un po' di gente che conosco: Ramon, Marco, Michela, Roberto...
ceniamo insieme, mentre un'odiosa signora con accento lombardo ci intrattiene descrivendoci accuratamente il suo disappunto per avere trovato quasi sempre le chiese chiuse. Questo imperdonabile atteggiamento mette la Curia spagnola in difficoltà di fronte a Dio, perchè la signora attribuisce a questa insensibilità nei confronti delle esigenze dei pellegrini il fatto di essersi persa ben due messe.
Il fiore all'occhiello delle considerazioni di questa deficiente è che in fondo lei porta dei bei soldi, almeno le chiese potrebbero stare aperte. Certo, lei paga......
Finisco la cena e vado a letto: ho la febbre.
Nella notte piscio e sudo, non necessariamente in quest'ordine, ma queste sono le uniche due attività che riesco ad espletare compiutamente. Dormo poco e male, ma al mattino successivo mi sembra di star bene.... meglio tutt'al più.
Parto alle 8.00 e i dolori alla coscia si ripresentano quasi subito, alle 9.30 mi fermo per far colazione e il risultato è sorprendente, i dolori scompaiono come per incanto. Fantastico sui poteri taumaturgici delle colazioni spagnole.
Arrivo a Leon e decido che il mio carico deve essere alleggerito. Mi procuro una scatola di cartone nel negozio di un cinese, che la leva dalla carta da buttare e me la vende a un euro (non so come si dica vaffanculo pidocchio in cinese, ma sono convinto che mi ha capito). Riempio la scatola con oltre 4 kg. di contenuto del mio zaino, che giudico inutile, e spedisco tutto a casa dall'Ufficio Postale.
Sono lungo le mura che testimoniano la presenza romana a Leon e mi metto alla ricerca di un albergue.e dopo circa un'ora mi rendo conto che mi sono perso. Non mi sento bene. Sono nell'enorme piazza del Parador San Marco (scoprirò due giorni dopo), mi affaccio al finestrino dell'auto della Policia Nacional e spiego loro che non so dove sono e non riesco più a trovare le indicazioni per un albergue, se possono fornirmele.
I due agenti mi dicono di pazientare, uno chiama il comando, l'altro (più giovane) consulta un laptop, parlano fitto fitto, si guardano, finchè il più giovane scende dall'auto e mi viene incontro. Apre il portellone del bagagliaio e mi invita a mettere lì dentro il mio zaino, poi mi apre la portiera e si scusa perchè, dice, non è molto comodo, ma lei mi sembra molto stanco. Si accomodi, l'accompagnamo noi.
È così che mi ritrovo su una macchina della Polizia spagnola diretto all'albergue dove potrò, finalmente, sdraiarmi. Mentre andiamo arriva una chiamata per un intervento, rispopnde il più giovane di mandare qualcun altro, perchè loro sono in "missione umanitaria".... mi sento lusingato da questo nuovo ruolo.
Attraversiamo Leon e infine, montiamo sul marciapiede di fronte all'ingresso dell'Albergue Francisco de Asis.
Li ringrazio vivamente, sembrano sorpresi, mi salutano e vanno via dopo essersi accertati che il personale dell'albergue mi abbia ricevuto e abbia dato disponibilità a ospitarmi.
Ho di nuovo la febbre.
Dormo fino alle 18.00, poi esco per trovare una farmacia e procurarmi dei farmaci per la bisogna. Tutto inutile, appena il tempo di attraversare la strada e i dolori alla gamba diventano insopportabili, non riesco più a muovermi.... ho le lacrime agli occhi.
Arriverà un momento in cui le cose cominceranno ad andare bene.