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E ci siamo quasi......

 

 

Dal Diario del Viandante

Arzua 21 junio 2013

 

Mi sono separato dalla comitiva italiana, che ha preferito sostare nell'albergue costruito in prossimità del torrente e del ponte medievale di Rivadiso do Baixo.

Ma partiamo con calma: a Portomarin la sveglia è data alle 6.00 dalla gazzarra di quelli del CAI di Milano, che, incuranti degli inviti a rispettare il riposo degli altri pellegrini, hanno scatenato un bercìo degno dei mercati della frutta di qualche oscura località mediorientale.

È una baldoria tutta italiana , con tanto di accensione delle luci, che porta il mio vicino di letto a guardarmi sconsolato, mentre sussurra "Italians!".  Siamo migliori di così, almeno mi piace pensarlo, ma mi rendo conto che solo una sparuta minoranza si sa comportare con educazione e rispetto per gli altri, la maggioranza (evidentemente) no, almeno non quella che ho incontrato io.

La vescica alla pianta del piede mi impedisce di camminare correttamente. Metto un cerotto di quelli enormi, che Ugo ha insistito perchè me lo portassi dietro (gli faccio un monumento?), avvolgo tutto con la fascia al lattice e parto con l'andatura da grande invalido, sulle orme di Enrico Toti.

Incomincio a incontrare le salite, che sono particolarmente dure e mi torna il pensiero ricorrente che tante altre volte mi ha aiutato, che i lunghi percorsi sono fatti di piccoli passi e anche quando i piccoli passi sono più piccoli, quale che ne sia la ragione, posti uno dopo l'altro, coprono le grandi distanze.

Stanotte ha piovuto molto, ma la mattina sembra dare una tregua, quando non addirittura un raggio di sole, per quanto accennato molto timidamente.

La tappa che porta a Palas de Reye, per fortuna, è ricca di paesini che si frappongono con una certa frequenza, alleviando così il Camino e offrendo indiscusse opportunità di riposo.

Arrivo all'albergue municipal che trovo stranamente vuoto.... forse a causa del suo aspetto spartano, se non addirittura da lager, oltre al fatto non trascurabile che si trova fuori dal paese almeno un paio di chilometri e non c'è niente intorno, se non un qualcosa che assomiglia tanto a un pensionato studentesco. Arriva tutta la comitiva italica. Viene deciso di proseguire verso il paese. I posti sono tutti pieni, salvo Benito (30 metri fuori rotta). Anche stanotte dormirò al coperto.

Nella ridente cittadina, risolvo la questione della rottura di un paio di cinghie dello zaino, con un intervento di fortuna. Già che ci sono acquisto un bel "paragua", perchè ne ho le palle piene di bagnarmi. Gli indumenti da pioggia impediscono che mi bagni l'acqua dal cielo, ma non la quantità copiosa di sudore che mi fa arrivare a tutte le destinazione completamente fradicio. (Benedetto sia Ramon e i suoi insegnamenti.)

Sveglia alle 6.00, partenza alle 7.40 dopo una colazione consistente.

I saliscendi dei sentieri, per quanto duri, sono la versione "parenti poveri" dei cimenti che ho dovuto affrontare sin qui. Si passano, ci vogliono gambe, sudore e un poco di fiato o relative ansimazioni.

Riesco a far apporre il "sello" in tutte le chiese previste dalla guida consegnatami dal sacrestano di Sarria, con l'aggiunta di una non prevista, appena fuori Melida, la città del polpo.

Alle 16.30 arrivo ad Arzua, trovo una sistemazione in un alberuge privato, sistemo le cose in camera e alle 17.00 vado a cercarmi una cena, che trovo nella piazza vicina, a base di "ensalada de atuna", accompagnata da una "jarra de cerveza".

Quando torno, trovo la hospitalera e le chiedo di pagare il conto della mia notte. Mi sconta due euro, poiché le avevo chiesto una "cama baja", ma non ne aveva. Ringrazio.

Hanno un pc collegato in rete, ma non riesco a collegarmi col sito di Ryanair per vedere gli orari degli aerei per casa.

Quasi quasi prendo il treno fino a Barcelona e poi rientro in nave .... potrei cavarmela con meno di 150 euro.

 

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